IL PRETORE Nel presente dibattimento il p.m. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 6, secondo comma, del d.-l. 16 dicembre 1994, n. 629 in relazione agli artt. 3, 10, 70 e 77 della Costituzione. Il pretore ritiene che l'eccezione sia rilevante e non manifestamente infondata. In relazione alla rilevanza i prevenuti sono imputati della violazione degli artt. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319/1976. Tali reati sono a giudizio di questo pretore, stati depenalizzati dagli artt. 3 e 6, secondo comma del d.-l. n. 629/1994. Dal che si deduce la rilevanza dell'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata. Circa la non manifesta infondatezza, di concerto con quanto sostenuto dal p.m. si osserva quanto segue: 1) Violazione dell'art. 3 della Costituzione. L'art. 3 del d.-l. n. 629/1994 ha depenalizzato il superamento dei limiti di accettabilita' stabiliti dalle tabelle allegate alla legge n. 319/1976 fatta eccezione per gli scarichi provenienti dagli insediamenti produttivi. Precedentemente all'emissione dei vari decreti-legge in tale materia, succedutisi dal novembre 1993, la normativa stabilita dall'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976 si applicava a tutti gli scarichi qualunque ne fosse l'origine. Occorre allora evidenziare che non puo' ritenersi opportuno accomunare nella depenalizzazione gli scarichi da insediamenti civili e quelli dalle pubbliche fognature, poiche' questi ultimi possono essere provenienti anche da insediamenti produttivi e come tali certamente piu' pericolosi. Quindi se puo' condividersi l'intento del legislatore di applicare la sola sanzione amministrativa ai primi, non puo' non aversi qualche dubbio per la probabile maggior pericolosita' relativamente ai secondi. La nuova disciplina si fonda evidentemente per il criterio di differenziazione degli scarichi, non sulla reale possibilita' inquinante degli stessi, ma sulla qualifica del titolare dello scarico: lo scarico della pubblica fognatura viene comunque punito con sanzione amministrativa, qualunque sia il superamento dei limiti tabellari ed il danno ambientale; lo scarico da insediamento produttivo viene sempre punito con la sanzione penale anche se dovesse risultare poco inquinante. Sotto tale profilo la violazione dell'art. 3 della Costituzione appare non manifestamente infondata. Va inoltre considerato come la giurisprudenza abbia sempre piu' concretamente valutato non tanto la provenienza quanto lo scarico nei suoi componenti ai fini della valutazione del reale impatto ambientale. Altro profilo di violazione dell'art. 3 della Costituzione per disparita' di trattamento emerge dal confronto fra l'art. 3 del d.-l. n. 629/1994 e l'art. 23, primo comma, della legge n. 319/1976. Accade infatti che una condotta che e' concretamente inquinante come quella dell'effettuazione di uno scarico della pubblica fognatura con superamento dei limiti tabellari non costituisce reato, mentre l'attivazione di uno scarico prima del rilascio della richiesta autorizzazione costituisce fatto penalmente punito pur essendo solo una violazione formale. Sotto il medesimo profilo si rileva una disparita' di trattamento dalla lettura confrontata dell'art. 23, primo comma, della legge n. 319/1976 e l'art. 6, secondo comma, del d.-l. n. 629/1994. Infatti viene assoggettata a sanzione penale la condotta di chi attiva uno scarico delle pubbliche fognature prima che la richiesta autorizzazione sia stata concessa, mentre integra illecito amministrativo la condotta di chi attivi uno scarico delle pubbliche fognature senza aver richiesto l'autorizzazione, fatto certamente piu' grave poiche' in questo caso nessun controllo viene effettuato dal soggetto titolare del potere autorizzatorio. Situazione che va inoltre valutata e che appare poco ragionevole e' anche quella relativa al fatto che l'art. 3 del d.-l. n. 629/1994 prevede per il superamento dei limiti di accettabilita', il pagamento di una somma inferiore a quella che l'art. 6 stesso decreto-legge prevede per l'apertura l'effettuazione di uno scarico di pubblica fognatura senza aver richiesto l'autorizzazione. Quindi viene applicata una sanzione piu' grave al pubblico amministratore che non richiede l'autorizzazione rispetto a quello che effettua uno scarico inquinante. Tali disparita' di trattamento e violazione del principio di ragionevolezza non trovano motivi ne' giustificazioni logiche e quindi appaiono violazioni del principio di uguaglianza. 2) Violazione dell'art. 18 della Costituzione. In relazione all'art. 10 della Costituzione il sospetto di incostituzionalita' si evince dal fatto che le norme del d.-l. n. 629/1994 non si conformano alla direttiva CEE n. 271 del 21 maggio 1991, direttiva che regola le acque reflue urbane e che il nostro ordinamento avrebbe dovuto recepire sin dal 30 giugno 1993 per imposizione della direttiva stessa ed in conformita' del dettato costituzionale che impone tale uniformazione. In particolar modo tale direttiva effettua una netta distinzione fra le acque reflue civili e quelle industriali nell'ambito dei reflui urbani, in ragione della concreta potenzialita' inquinante di quelli industriali, e collegando di conseguenza agli stessi una piu' severa disciplina (artt. 2, 11 e 13). Tale principio viene completamente disatteso dalle norme di cui agli artt. 3 e 6, secondo comma, del d.-l. n. 629/1994 che al contrario riservano un identico trattamento a tutti gli scarichi delle pubbliche fognature, a prescindere dalle acque che in esse affluiscono, facendo cio' consapevolmente visto che il legislatore precisa all'art. 1, quarto comma, del d.-l. n. 629/1994 che le disposizioni del decreto si applicano in attesa dell'attuazione della direttiva CEE predetta. E cio' va aggiunto al mancato rispetto del termine del 30 giugno 1993 per l'adeguamento della legislazione italiana alla direttiva CEE n. 271/1991 ed alla considerazione che la stessa Corte costituzionale ha piu' volte affermato la necessita' che vengano disapplicate le norme interne in contrasto con quelle comunitarie direttamente applicabili nell'ordinamento interno. 3) Violazione degli artt. 70 e 77 della Costituzione. Con la reiterazione nella disciplina degli scarichi civili produttivi e delle pubbliche fognature di decreti-legge non convertiti per il periodo di piu' di un anno si e' di fatto concretizzata una sottrazione al Parlamento del potere di disporre in materia penale con conferimento di tale potere all'Esecutivo. Invece la riserva di legge in materia penale impone che tale disciplina venga stabilita dal Parlamento con possibilita' che vengano emessi decreti-legge o decreti legislativi purche' sia garantito il predominio del Parlamento in quanto o soggetto delegante o attraverso la legge di conversione che deve intervenire a pena di decadenza del decreto-legge, entro sessanta giorni. La reiterazione dei decreti-legge nella stessa materia denota altresi' la carenza di requisiti della necessita' e dell'urgenza che se potevano essere ritenuti esistenti con riferimento al primo decreto-legge sono senza dubbio venuti meno a distanza di piu' di un anno con riferimento all'ultimo decreto-legge. Tale periodo invero appare ragionevolmente sufficiente perche' il Parlamento possa legiferare. Ultima considerazione da svolgere e' quella che proprio a causa della reiterazione per oltre un anno, quindi per lungo tempo, di decreti-legge non convertiti, parzialmente diversi quanto al contenuto l'uno dall'altro, si potranno verificare effetti definitivi della sentenza come il giudicato, con la concreta possibilita' di giudicare identiche situazioni in maniera diversa sulla base della vigenza dell'uno o dell'altro decreto-legge. Tale conseguenza integra certamente una disparita' di trattamento inammissibile. In conclusione si vuole specificare che, pur tenendo presente che il decreto-legge in questione dovra' essere convertito entro qualche giorno e che in caso contrario perderebbe efficacia, tuttavia questo giudice non inviando la questione alla Corte costituzionale per sottoporla al suo esame, dovrebbe decidere oggi sulla base di un decreto-legge, quello n. 629/1994 che presenta a suo giudizio in relazione agli articoli di legge da applicare nel presente procedimento penale, profili di illegittimita' costituzionale.